
Le nuove scoperte archeologiche in uscita dalla città romana di Claterna, sulla via Emilia, fino alle sorgenti del torrente Quaderna, confermano che la via romana Bologna – Arezzo costruita dal console Gaio Flaminio nel 187 a.C. attraversava l’Appennino sul crinale Idice – Sillaro, confluendo, lungo la contemporanea via Emilia, a Claterna. Nel corso del 2019 gli archeologi dell’Università di Bologna, insieme all’associazione Arc.a Monte Bibele, daranno vita alla campagna di scavo che porterà alla luce ampi tratti basolati del percorso, cui seguirà la creazione del Parco Archeologico della via Flaminia Minore in val Quaderna.
Si confermano così le ipotesi formulate in più di trent’anni di ricerca sull’esistenza di più vie transappenniniche di età romana che, in termini diacronici, attraversarono i valichi dell’Appennino bolognese.
Per chi volesse approfondire, si vedano… Via Claudia Cippi miliari Peutingeriana
Le trasappenniniche sono dunque, da ora, almeno due: la via “Flaminia minore” Bologna – Arezzo di età repubblicana, tra Idice e Sillaro; e la via Bologna – Firenze, della prima età imperiale, detta “Claudia”, tra Savena e Setta.
Cade dunque ogni attribuzione dei tratti di lastricato rinvenuti tra Savena e Setta alla fantomatica “Flaminia militare”, su cui, per troppo tempo, l’opinione pubblica è stata totalmente disinformata da campagne pubblicitarie prive di contradditorio e del tutto irrispettose di quegli specialisti della materia che muovevano dubbi su quell’attribuzione.
Dispiace che a tale facile esercizio di “populismo scientifico” si siano affiancate, negli anni, istituzioni di vario ordine e grado
(http://rivista.ibc.regione.emilia-romagna.it/xw-201404/xw-201404-a0007/#null; https://www.bolognawelcome.com/home/scopri/percorsi/verde/flaminia-militare/) http://www.provincia.fi.it/sentieri/scheda/sentiero/apfi13/18048130001/?cHash=f838381431e02bf3c65b1bfea0dd9795
oltre che compiacenti testate giornalistiche
A questi si è aggiunta, non ultima, una decisa campagna di Legambiente, con volantini che paragonano oggi l’avvocato Cesare Agostini a Heinrich Schliemann, e la presunta scoperta della “Flaminia militare” alla scoperta della città di Troia. Nulla di male in questo, dato che il peccato di vanità è ammesso per legge, e i tempi sono inoltre maturi per la controinformazione scientifica dei sostenitori della “Terra piatta”.
Ma al di là del ridicolo – a cui non si potrà purtroppo porre rimedio – nulla, con le scoperte archeologiche di val Quaderna, è perduto. Perchè l’impresa esistenziale di Agostini e Santi è cosa rispettabile e la loro scoperta meritevole di attenzione. E’ dunque giusto che Legambiente e i suoi altrettanto meritevoli volontari facciano sì che i lastricati di Monte Bastione non cadano nell’oblio del sottobosco. A noi archeologi professionisti è oggi ben chiaro che il peggior nemico dei beni culturali italiani non è l’entusiasmo e la passione dei mille volontari che si prodigano ogni giorno per la loro tutela, ma piuttosto le tentazioni populiste di coloro che, preposti allo studio e promozione di quei beni, rispondono positivamente alle false acclamazioni di chi vuole improvvisarsi sostituto dello Stato, nel vuoto creatosi dal suo colpevole disinteresse.
Dunque, si è detto, nulla è perduto, ed anzi, con la scoperta dei resti materiali delle due vie, la conoscenza del nostro Appennino ne guadagna. Basterà solo che Legambiente, o chi per Lei, cancelli la scritta “Flaminia militare” dai manifesti che promuovono la strada tra Savena e Setta (vedi di seguito) e la sostituisca con “via romana, detta Claudia, tra Bologna e Firenze”. Farlo non cambia nulla, ma non farlo significherebbe, da ora, incorrere nello spiacevole reato di falso ideologico.
Per il divertente paragone tra Cesare Agostini e Heinrich Schliemann, Legambiente può invece continuare a sostenerlo, per tre fondati motivi: primo, perchè Cesare Agostini, è persona di spirito; secondo, perchè entrambi sono stati archeologi dilettanti; terzo, perchè, a parte i baffi del secondo, i due, a ben guardare, si somigliano proprio…
Lol. Cordialmente
Antonio Gottarelli

Cesare Agostini e Heinrich Schliemann